Ecologia e idee per uno sviluppo sostenibile. Ricerca di innovazioni nel campo delle fonti rinnovabili, materiali biodegradabili e rispetto della natura.
mercoledì 10 agosto 2011
IL PETROLIO ITALIANO
AMBIENTE – Trentamila chilometri quadrati di mare rischiano la realizzazione di nuove piattaforme petrolifere. L’allarme è lanciato da Legambiente che nel recente rapporto “Un mare di trivelle” ha fotografato la situazione della trivellazione marina nel nostro Paese.
A guidare l’assalto sarebbero soprattutto le compagnie petrolifere straniere, attirate dalle condizioni molto vantaggiose per la ricerca e l’estrazione del petrolio. Al 31 maggio 2011 l’Italia ha rilasciato 117 permessi di ricerca di idrocarburi: 92 in terraferma e 25 in mare. Nuove trivelle che potrebbero, quindi, aggiungersi alle 9 piattaforme attuali. E il numero potrebbe aumentare ulteriormente: ci sono infatti 39 nuove richieste di ricerca al vaglio.
Varrebbe la pena chiedersi se ci sia una convenienza economica nell’investire nella ricerca del petrolio nei mari italiani. Secondo i dati dell’Opec, l’Italia detiene meno dell’0,1% delle riserve mondiali di oro nero. Le stime del ministero dello Sviluppo economico parlano di 187 milioni di tonnellate che, al tasso di consumo del 2010 pari a 73,2 milioni di tonnellate l’anno, sarebbero sufficienti per soli 30 mesi.
Inoltre Legambiente esprime la propria preoccupazione per un disegno di legge in discussione in Parlamento per l’adozione di un Testo Unico sulla ricerca e la coltivazione degli idrocarburi. Un provvedimento che prevede la semplificazione dell’iter autorizzativo, escludendo motivazioni di carattere ambientale.
Cercare il petrolio nei nostri mari sembra essere molto conveniente per le compagnie straniere sia per le condizioni fiscali vantaggiose, sia per la legislazione favorevole, come hanno sottolineato le analisi della Northern Petroleum Plc e della Cygam Energy Inc. Poco importa se un incidente nel Mediterraneo, un mare chiuso, avrebbe conseguenze drammatiche. A poco più di un anno di distanza dal disastro della marea nera nel Golfo del Messico, i danni ambientali prodotti dalla fuoriuscita di greggio sembrano un lontano ricordo.
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